Lo stress danneggia la salute del nostro intestino: ecco come può “minare” il microbiota

Un recente studio ha identificato un meccanismo attraverso il quale lo stress può danneggiare l’intestino, innescando una cascata biochimica

Lo stress mentale è stato collegato da molto tempo alle riacutizzazioni di condizioni gastrointestinali, come la sindrome dell’intestino irritabile (IBS) e la malattia infiammatoria intestinale (IBD). Ora, i ricercatori dell’Università della Pennsylvania, sembrano aver identificato i dettagli esatti di uno dei meccanismi attraverso il quale lo stress è in grado di danneggiare l’intestino, innescando una cascata biochimica che rimodella il microbiota intestinale. Lo studio, pubblicato sulla rivista scientifica Cell Metabolism, evidenzia come il cervello, nonostante sia ben lontano dal tratto gastrointestinale, in realtà sia in grado di influenzarne la salute.

L’importanza del microbiota

Il microbiota è l’insieme dei microorganismi (batteri, virus, funghi, protozoi) che vivono in simbiosi con il nostro corpo. Seppur essi siano presenti praticamente in tutti i distretti del corpo, la popolazione più grande si trova proprio nell’intestino e prende il nome di “microbiota intestinale”. L’equilibrio tra i vari ceppi di microrganismi presenti nel nostro corpo, e anche quello con il nostro stesso organismo, sono fondamentali per la nostra salute. Infatti, lo squilibrio del microbiota, detto disbiosi, è correlato a molte condizioni patologiche. Questo accade perché il microbiota è implicato in molti processi svolti dal corpo umano, dalle funzioni immunitarie alla produzione di sostanze utili al nostro organismo, fino alla digestione.

Stress e malattie del tratto digerente

La malattia infiammatoria intestinale e la sindrome dell’intestino irritabile sono due condizioni gastrointestinali molto comuni. Infatti, l’IBS, che causa dolore addominalediarrea, colpisce una persona su dieci, mentre fino a dieci milioni di persone in tutto il mondo soffrono di IBD, che causa l’infiammazione dell’intestino e scatena sintomi simili. La differenza tra le due condizioni sta proprio nell’infiammazione, che caratterizza l’IBD ed è visibile nella mucosa durante la colonscopia o l’imaging. L’IBS, invece, è un disturbo funzionale in cui non sono visibili alterazioni strutturali e la muscosa del colon appare normale. Tuttavia, i sintomi delle due condizioni possono sovrapporsi e sia i pazienti con IBS che IBD possono sperimentare un cambiamento nelle loro abitudini intestinali, che di solito comporta diarrea, dolore, gonfiore e presenza di muco nelle feci.

L’asse intestino-cervello

È ormai nota l’esistenza dell’asse intestino-cervello, un’intricata rete di collegamento tra questi due organi: l’intestino trasmette al cervello segnali metabolici, immunitari e microbici, mentre il cervello modula la motilità intestinale, il sistema immunitario della mucosa e il microbiota. Sappiamo anche che questa connessione bidirezionale intestino-cervello è coinvolta nelle risposte dell’organismo allo stress e che questo può manifestarsi tipicamente con disturbi come la sindrome dell’intestino irrita-bile (IBS) e la malattia infiammatoria intestinale (IBD). Tuttavia, non è ancora chiaro come i fattori di stress cerebrale comunichino con l’intestino e quali molecole di segnalazione siano implicate in questo processo.

Lo studio

Gli autori del nuovo studio avevano l’obiettivo di comprendere cosa succede a livello cellulare, in seguito allo stress mentale, per innescare patologie come IBD e IBS. Per scoprirlo, hanno utilizzato un modello animale, esponendo un gruppo di topi a stress cronico per due settimane. È stato osservato che gli animali sotto stress presentavano livelli ridotti di cellule che aiutano a proteggere l’intestino dagli agenti patogeni, rispetto ai topi di controllo, non sottoposti a stimoli stressanti. Questo sembra avvenire perché il metabolismo delle cellule staminali intestinali, che normalmente si trasformano in cellule immunitarie, non funziona correttamente. Cercando una ragione, i ricercatori hanno rivolto la loro attenzione al microbiota intestinale degli animali. Lavori precedenti avevano già dimostrato che l’attivazione del sistema nervoso simpatico, responsabile della risposta del corpo di “attacco o fuga”, spesso innescata dallo stress mentale, è in grado di rimodellare il microbiota.

In particolare, alcuni batteri del genere Lactobacillus, che si trovano naturalmente nell’intestino e proliferano in condizioni di stress, producono una sostanza chimica chiamata indolo-3-acetato (IAA). Ora, i ricercatori hanno scoperto che un livello elevato di IAA, innescato dallo stress, impedisce alle cellule staminali intestinali del topo di differenziarsi in cellule immunitarie. Sebbene lo studio sia stato condotto sui topi, i ricercatori hanno raccolto prove che le loro scoperte potrebbero valere anche per gli esseri umani. Infatti, il team di ricerca ha evidenziato la presenza di livelli elevati sia di batteri Lactobacillus che di IAA nelle feci delle persone affette da depressione, non presenti, invece, nelle persone senza depressione. Sembra proprio, quindi, che quando siamo stressati, anche il nostro microbiota intestinale soffra di stress. Gli autori dello studio hanno anche ipotizzato una possibile soluzione, per ora solo nei topi. Somministrando agli animali un integratore chiamato α-chetoglutarato, che viene assunto, ad esempio, da alcuni bodybuilder, le cellule staminali compromesse dell’intestino hanno riacquistato la loro funzione. Tuttavia, saranno necessarie ulteriori ricerche per comprendere gli effetti a lungo termine di questa sostanza sul metabolismo e se essa sia in grado di ridurre i sintomi della disfunzione intestinale innescata dallo stress.

Un nuovo pezzo del puzzle

Poiché lo stress innesca una serie di cambiamenti biochimici nel corpo, questo studio da solo non racconta l’intera storia della connessione tra lo stress e l’intestino. Ad esempio, gli stessi ricercatori, lo scorso anno, avevano scoperto un percorso biochimico differente, in cui lo stress sembra attivare, invece, le cellule immunitarie dell’intestino. Il modo in cui questi diversi meccanismi interagiscano non è, però, ancora chiaro. Sarà, inoltre, necessario ulteriore lavoro per capire come il cervello trasmetta i segnali che danno il via alla proliferazione dei Lactobacillus. Gli autori dello studio intendono, quindi, studiare ulteriormente questo meccanismo e testare la sicurezza e l’efficacia dell’α-chetoglutarato. Si tratta solo di un nuovo tassello nel grande puzzle che lega lo stress alle malattie intestinali. – Fonte Fondazione Umberto Veronesi.

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