Zuccheri nascosti, dove si trovano davvero e perché è così facile assumerne troppi: occhio al carrello della spesa

Una guida pratica a riconoscerli nella spesa di ogni giorno. La differenza, molto spesso, la fanno le etichette

Quando pensiamo allo zucchero immaginiamo biscotti, dolci, merendine. In realtà, gran parte degli zuccheri che consumiamo quotidianamente arriva da alimenti insospettabili, prodotti che spesso percepiamo come sani o neutri ma che nascondono quantità significative di zuccheri aggiunti. La differenza, molto spesso, la fanno le etichette: imparare a leggerle consapevolmente significa evitare eccessi che incidono sul peso, sull’energia e sul metabolismo.

Basta aprire la dispensa per rendersene conto. Yogurt alla frutta, cereali per la colazione, pane confezionato, succhi “senza zuccheri aggiunti”, salse pronte, persino alcuni prodotti integrali: tutti possono contenere diversi tipi di zucchero con nomi che non sempre riconosciamo al primo sguardo – sciroppo di glucosio-fruttosio, destrosio, maltosio, fruttosio, malto d’orzo. Se compaiono tra i primi ingredienti, significa che la loro quantità è tutt’altro che marginale.

L’eccesso di zuccheri non riguarda solo la linea. Incide sui picchi glicemici, aumenta la sensazione di fame, favorisce processi infiammatori e, nel lungo periodo, può contribuire ad aumentare il rischio cardiovascolare. Non serve demonizzarli o eliminarli del tutto: il punto è imparare a riconoscerli e a consumarli con equilibrio.

Ridurre gli zuccheri è meno complicato di quanto sembri. Scegliere uno yogurt bianco e arricchirlo con frutta fresca è già un primo passo. Limitare le bevande zuccherate, incluse quelle “light”, può fare una differenza immediata. Anche preferire prodotti con pochi ingredienti, controllare il contenuto di “carboidrati di cui zuccheri” e abituare gradualmente il palato a sapori meno dolci sono strategie semplici, ma efficaci nel lungo periodo.

Il punto non è rinunciare al gusto, ma acquisire maggiore consapevolezza su ciò che mettiamo nel carrello. Perché spesso la scelta più salutare non è quella più complicata, ma quella più informata.

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