Pianara: la prima pagina della storia preromana della Città di Fondi

Tutti i dettagli della conferenza che si è tenuta nella giornata di sabato 28 settembre presso il Museo civico archeologico

«Quest’anno è venuto fuori quello che stavamo cercando da 30 anni: il perno intorno al quale oggi possiamo finalmente ricostruire la pagina di storia preromana che ci mancava».

A sintetizzare l’importanza della seconda fase dello scavo archeologico appena concluso nella zona di Pianara è colui che sta guidando la ricerca, il professor Massimiliano Di Fazio, docente di archeologia dell’Italia preromana presso l’Università di Pavia.

Trovare degli elementi concreti, del resto, come sottolineato dal relatore durante la conferenza, «fa tutta la differenza del mondo» dato che, prima di oggi, la storia preromana fondana era basata solo su fonti storiche di età augustea.

«Con tutto il rispetto per Tito Livio – ha scherzato Di Fazio – ma sarebbe come se ci ergessimo a testimoni di qualcosa avvenuto nel 1700. Oggi, finalmente, dopo 30 anni di ricerche, abbiamo coincidenza tra fonti letterarie e fonti archeologiche».

La focaccetta votiva o disco porta offerte

Tra i reperti più importanti rinvenuti una focaccetta votiva, o disco porta offerte, che testimonia inequivocabilmente la frequentazione dell’altura di Pianara in età arcaica, tra il VI e il V secolo a.C.

A illustrare i dettagli del reperto, peraltro recuperato tra entusiasmo e incredulità da una matricola durante le prime ore dello scavo, dando un’iniezione di entusiasmo all’intero gruppo, il dottore di ricerca Elena Marazzi.  

Un elemento preziosissimo non tanto in senso assoluto quanto nell’ottica della ricostruzione archeologica, come ha spiegato l’esperta di materiali a chi ha fatto visita allo scavo in maniera ufficiosa, perché ricollegabile ad un culto inequivocabilmente risalente ad un determinato arco temporale e molto più significativo, per esempio, rispetto a utensili o vasellame potenzialmente utilizzabili, proprio in virtù della loro utilità pratica, per un periodo di tempo molto più lungo.

Utensili e vasellame che, assieme a tegole, ceramica da fuoco e molto altro, sono riaffiorati in quantità già dalle prime fasi dello scavo e che, dopo essere stati lavati e catalogati, saranno studiati più approfonditamente nei prossimi mesi.  

Uno scavo, complesso, faticoso, ma anche straordinariamente affascinante come sottolineato invece dal dottorando della medesima università Omar Scarone il quale ha tratteggiato un approfondito quadro della topografia, del contesto e della grande struttura che sta riaffiorando a Pianara. Un edificio con un orientamento ben definitivo ed in una posizione a dir poco strategica sul quale gli esperti non vogliono e non possono sbilanciarsi.

L’appello implicito degli studiosi a sostenere lo scavo

«Ora si aprirà una lunga fase di studio – ha concluso il professor Di Fazio – con l’auspicio di poter tornare a Pianara il prossimo anno, proseguire con lo scavo e dare risposte ai mille interrogativi che, a questo punto del lavoro, non ci fanno dormire la notte. Sono sincero, avremmo potuto fare del sensazionalismo, non sarebbe stato giusto e non siamo abituati a lavorare così. Ciò che ci proponiamo con questa conferenza è di far arrivare agli enti, ma anche al grande pubblico, l’importanza del lavoro svolto perché abbiamo tutto l’interesse e le intenzioni di portarlo a termine». Un appello rivolto alle numerose autorità presenti in sala, dal sindaco Beniamino Maschietto alla direttrice del Museo Maria Cristina Recco, che ha anche moderato la conferenza, dal Dottor Alessandro Betori, sovrintendente Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le Province di Frosinone e Latina, per la prima volta a Fondi, al direttore del Parco naturale regionale dei Monti Aurunci Giorgio De Marchis, dall’assessore alla Cultura Vincenzo Carnevale all’assessore al Patrimonio Claudio Spagnardi, tra i primi a credere nelle potenzialità di Pianara, dai numerosi esponenti del mondo dell’associazionismo ad eventuali finanziatori o stakeholder che potrebbero voler  supportare l’impresa.

Il frammento di Alabastron

Nel frattempo, è stato esposto al primo piano del Museo anche il frammento di Alabastron, rinvenuto lo scorso anno: un reperto, databile tra il IV-III secolo a.C. e di grande importanza in quanto apre interessanti prospettive riguardo gli scambi con l’Oriente.

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