Caporalato, Stefanelli: “Serve più umanità contro le politiche di odio”

"Sono centinaia i lavoratori migranti ed italiani che sostengono la produzione agroalimentare della nostra Provincia"

Il Presidente della Provincia Gerardo Stefanelli ha partecipato alla manifestazione organizzata a Latina dall’associazione Comunità indiana nel Lazio per il bracciante, vittima del lavoro.

“Sono centinaia i lavoratori migranti ed italiani che sostengono la produzione agroalimentare della nostra Provincia, che solo ora ci appare pervasa dalla piaga dello sfruttamento e dell’illegalità, mentre il caporalato esiste latente sotto gli occhi di tutti. Nel 2015 era stato denunciato da migliaia di braccianti indiani proprio qui, dove oltre a loro, sono riunite anche le istituzioni in segno di cordoglio e di denuncia ferrea ad una realtà che non può più essere accettata.

Indubbiamente, la morte di Satnam ha scatenato l’indignazione pubblica, portando anche oggi centinaia di persone in piazza che vogliono denunciare un trattamento così disumano. L’escalation di violenza e brutalità dall’omissione di soccorso, dal sequestro dei telefoni fino all’orrore del braccio nascosto in cassetta per poi essere abbandonato sono alcuni dei dettagli più crudi di una storia di sopraffazione, di mancata umanità e di assenza di garanzia e diritti che fa di Satnam Singh il simbolo di tanti morti silenziosi.

Da questa piazza si leva la lotta allo sfruttamento lavorativo in agricoltura e al caporalato, con il dramma di una popolazione che si sente dimenticata perché qualcosa, ancora una volta, nelle istituzioni non ha funzionato da quel 2016, quando per la prima volta venne circoscritto il caporalato con la legge 199. Una legge che per la prima volta equiparò il caporale e utilizzatore della manodopera sfruttata, parlando di lesioni gravi della dignità umana e introducendo un sistema sanzionatorio e misure cautelari per le aziende che si macchiavano di questo crimine.

Da quel protocollo sperimentale contro il caporalato sono mancati strumenti a rafforzamento delle procedure di contrasto, l’intensificazione dei controlli e una rete di supporto per i flussi migranti, abbandonati a se stessi e penalizzati da una politica di odio che ci ha fatto perdere di vista la componente umana. È necessario dare un segnale chiaro verso una cultura diffusa che intende ancora il lavoro come sopraffazione e sfruttamento e non come strumento di rivendicazione della propria dignità. Servono politiche assistenziali ai migranti che arrivano nei nostri territori e una stretta decisa contro lo sfruttamento e il caporalato, fatta di controlli stringenti, pene certe e la scrittura di una nuova cultura del lavoro migrante, fatta di diritti, tutele e sicurezza.”

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