“Supergiù, a calciar le stelle mi ritrovai”, sabato l’inaugurazione dell’installazione di Carlo De Meo

L'insieme dell’installazione si apre a diverse possibilità d’interpretazione e condizionamento dello spazio fisico percorribile

Il 2 dicembre alle ore 16:30, la Pinacoteca Comunale di Gaeta presenta la stanza “SUPERGIÚ, a calciar le stelle mi ritrovai” di Carlo De Meo. Un’installazione ambientale in bianco e nero che va ad inserirsi nel percorso espositivo della collezione permanente del museo.

L’opera, voluta da Vincenzo Lieto, direttore artistico della Pinacoteca, e donata dall’artista, vuole essere luogo nel luogo in un rapporto oggettivo tra entrata e uscita, una visione sghemba nella quale entrare completamente interagendo con la visionarietà di De Meo.

L’insieme dell’installazione si apre a diverse possibilità d’interpretazione e condizionamento dello spazio fisico percorribile. Tutto si muove su un percorso di rimodulazione dell’orizzonte visivo e del suo ribaltamento costante fino ad un epicentro annunciato dove tutto converge in una grande forma significante che non giustifica ma tende ad amplificare, senza risolverla, quell’incertezza costante che accompagna il visitatore verso un’eventuale e idealizzata uscita che non esiste, due entrate (in senso figurato) che non danno alternativa… “esiste un dentro che non definisce un fuori?” è la domanda che si pone in questa occasione l’artista.

Carlo De Meo (Maranola, 1966), artista il cui lavoro adopera diversi tipi di linguaggi artistici (dalla pittura alla scultura fino alla performance), riusa materiali e oggetti del quotidiano con un talento plastico dove la poesia crea funzioni plausibili e il difetto artigianale esalta la potenza muscolare della migliore scultura. È artista denso, capace di raccontarti storie trasversali, come questa di SUPERGIÙ, attraverso il proprio corpo e lo spazio. Narratore instancabile, ironico e a volte pungente, non scherza nella raffinata potenza del risultato.

In questa installazione, SUPERGIÙ a calciar le stelle mi ritrovai, De Meo gioca essenzialmente sul ribaltamento dei piani, visivi e concettuali. Qui le stelle non si mirano, si calciano destabilizzando un ordine astrale, il sidereo. Lo dice nel titolo ma, nella sua ambiguità, ci si domanda: chi è che parla? L’autore in una sorta di delirio cosmico, la figura nella sua perentorietà spaziale o (per riflessione) lo spettatore che, entrando nel luogo della narrazione, non può far altro?
E così, a calciar le stelle, ci trovammo.

A seguire: “Chiacchiere d’artista” per raccontare la stanza parlando di stelle.

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