“La sanità nella nostra provincia non corrisponde allo standard dei cittadini. Pur apprezzando alcune eccellenze l’aumento dell’aspettativa di vita è una conquista del nostro tempo, ma porta con sé tante sfide che diventeranno sempre più complesse.
Oggi il 25% di chi vive in Italia ha più di 65 anni. Secondo ISTAT nel 2050 sarà del 36%. Attualmente l’aspettativa di vita media è di 84 anni. Dovrebbe crescere di altri 5 anni entro metà del secolo.
Ma questi anni <extra> saranno più o meno in condizioni gravi di non autosufficienza. Già oggi 3,9 milioni di persone vivono nell’impossibilità di svolgere autonomamente attività quotidiane. Chi non è da solo riesce a compierle grazie a oltre 7 milioni di familiari o badanti che garantiscono una cura continua e integrazione dell’assistenza pubblica”.
Lo dichiara Pierino Ricci di Per Latina 2032.
“Ecco perché il nostro paese è chiamato ad affrontare l’invecchiamento della popolazione come un tema collettivo: che può essere scomposta in tre fasi. La prima, 65-74 anni, comprende chi è ancora pienamente autosufficiente, accede poco nei servizi di cura e soprattutto, se si mantiene sano attivo, può essere di aiuto per altri. La seconda 75-84 anni include chi necessita più spesso di interventi esterni che aiutino la mobilità favoriscono la socialità, evitino il decadimento psico-fisico. La terza gli over 85 è composta da anziani con maggior rischio di non autosufficienza che richiedono assistenza continuativa.
Le esigenze di chi invecchia sono infatti ampie, diversificate, mutevoli nel tempo. Per questo richiedono un approccio che tenga insieme tutte queste dimensioni. E soprattutto bisogna intervenire sulle azioni necessarie per prevenirle. Per farlo occorre anzitutto rafforzare le sinergie tra pubblico e privato convenzionato, migliorando la capacità dei sistemi di stato sociale e di intervenire sui bisogni emergenti e valorizzando le competenze dei territori e delle comunità che non può essere relegato soltanto alle RSA, case della salute, le future case di comunità o i Cad in base al reddito dell’anziano, prevenzione non può essere legata al reddito. Queste strutture pur apprezzando il lavoro degli addetti, vanno potenziate con personale e investimenti su servizi sociali, politiche d’inclusione e di mobilità nel territorio, politiche sanitarie e culturali finalizzati al benessere delle persone anziane e alla loro partecipazione attiva.
Serve in sostanza, un approccio integrale in grado di cambiare, soprattutto, la cultura intorno al tema invecchiamento.
Che volenti o nolenti, prima o poi sperimenteremo tutti. E che quindi dobbiamo decidere come affrontare insieme, perché le conquiste richiedono sempre un prezzo. Va trovato un metodo sostenibile per pagarlo. Ecco, forse non è ora di rivedere l’art. V che regolamenta i ruoli delle Regioni, in materia dei finanziamenti sulla sanità?”