Hashi Omar Hassan, l’uomo incarcerato e poi scagionato in Italia per gli assassinii della giornalista Ilaria Alpi e del cameraman Milan Hrovatin, è stato ucciso nella capitale somala Mogadiscio: lo hanno riferito fonti giornalistiche e responsabili politici locali.
Secondo la loro ricostruzione, Hashi Omar è stato dilaniato da un’esplosione provocata da una carica di dinamite innescata sotto o all’interno della sua automobile, nel quartiere di Dharkaynley.
ERA STATO IN CARCERE PER 17 ANNI E POI RISARCITO CON TRE MILIONI
L’uomo, detenuto per 17 anni a Padova con l’accusa di essere membro del commando che aveva ucciso Alpi e Hrovatin il 20 marzo 1994, si era sempre detto innocente e aveva poi ricevuto un risarcimento di tre milioni perché vittima di una falsa testimonianza.
L’ASSOLUZIONE NEL 2016
Hashi Omar era stato arrestato come componente del commando responsabile degli assassinii e nel 2000 era stato condannato a 26 anni di reclusione. L’assoluzione era arrivata il 19 ottobre 2016, dopo che il suo principale accusatore, Ali Ahnmed detto “Jelle”, aveva ritrattato rivelando di averlo calunniato.
Alla trasmissione della Rai ‘Chi l’ha visto’, “Jelle” aveva detto di aver dichiarato il falso, cioè che non si trovava sul luogo dell’agguato ad Alpi e Hrovatin e di aver accusato Hashi Omar perché “gli italiani avevano fretta di chiudere il caso”. In cambio della sua testimonianza, aveva aggiunto l’uomo, aveva ottenuto la promessa che avrebbe lasciato la Somalia.
CONDUCEVA “UNA VITA TRANQUILLA”
Giunto in Italia per testimoniare nel 1998, Hashi Omar era rientrato a Mogadiscio nel 2016, dopo la scarcerazione. Secondo l’emittente Garowe, da allora “avrebbe condotto una vita tranquilla”.
Per l’esplosione, avvenuta in un quartiere meridionale della capitale, per ora non ci sarebbe stata alcuna rivendicazione. Garowe si limita a riferire che uccisioni del genere, con l’utilizzo di ordigni esplosivi improvvisati (Ied), sono spesso opera del gruppo ribelle Al Shabaab, in lotta da ormai 15 anni contro il governo somalo riconosciuto dall’Onu e sostenuto dai peacekeeper dell’Unione Africana.
Fonte www.dire.it (Agenzia di Stampa Nazionale)