Sono circa cinque milioni gli italiani che convivono con l’incontinenza urinaria, quasi il 9% della popolazione. Nonostante l’ampia diffusione, il disturbo resta spesso nascosto: vergogna e imbarazzo portano molte persone a rimandare il confronto con il medico, rinunciando a percorsi diagnostici e terapeutici che nella maggior parte dei casi risultano efficaci.
L’incontinenza urinaria è definita come la perdita involontaria di urina. Non rappresenta una “normale” conseguenza dell’età, né una condizione con cui rassegnarsi a convivere: si tratta di un sintomo che richiede sempre attenzione e approfondimento clinico. Tra le forme più comuni rientrano l’incontinenza da stress, che compare durante sforzi come tosse, starnuti o sollevamento di pesi; quella da urgenza, caratterizzata da uno stimolo improvviso e difficilmente controllabile; e quella da rigurgito o ostruttiva, legata allo svuotamento incompleto della vescica.
Cause e fattori di rischio
Le cause possono essere molteplici: infezioni delle vie urinarie, calcoli, patologie neurologiche, problemi intestinali, variazioni ormonali come quelle della menopausa, esiti di interventi chirurgici (ad esempio l’isterectomia), disturbi prostatici o interventi oncologici alla prostata. Concorrono anche alcuni farmaci e abitudini alimentari scorrette.
I fattori di rischio differiscono tra uomini e donne. Nelle donne incidono gravidanza, parto e menopausa; negli uomini assumono rilievo l’età, l’ingrossamento della prostata, la chirurgia prostatica e alcune malattie neurologiche. Nonostante ciò, l’incontinenza può colpire tutte le fasce d’età, inclusi i giovani.
L’importanza della diagnosi precoce
Correggere gli stili di vita e prestare attenzione ai primi segnali è fondamentale, perché intervenire tempestivamente aumenta in modo significativo le possibilità di risolvere il problema. La diagnosi parte dall’anamnesi e dall’esame obiettivo, continua con analisi delle urine e del sangue e con l’ecografia dell’addome e del bacino. Nei casi che lo richiedono, si procede con esami di secondo livello come lo studio urodinamico, la cistoscopia o la cistografia.
Quando l’incontinenza viene accertata, il Servizio Sanitario Nazionale prevede la possibilità di ricevere presidi assorbenti a supporto del paziente, riducendo l’impatto economico del disturbo sulle famiglie.
Le terapie oggi disponibili
Il trattamento è sempre personalizzato e può includere la riabilitazione del pavimento pelvico, terapie farmacologiche, stimolazione del nervo tibiale, stimolazione magnetica funzionale e, in casi selezionati, iniezioni di tossina botulinica o collagene.
Tra le opzioni più avanzate rientra la neuromodulazione sacrale, che attraverso l’impianto di un dispositivo permette di modulare l’attività dei nervi vescicali e recuperare il controllo della vescica. Quando le terapie conservative non risultano sufficienti, si ricorre alla chirurgia, sempre più orientata verso tecniche mininvasive che riducono i tempi di degenza e il disagio post-operatorio.
Un problema che non va nascosto
La ricerca continua a evolvere e anche le tecnologie digitali, come l’intelligenza artificiale, potranno contribuire a migliorare diagnosi e trattamenti. Il messaggio centrale resta però uno: l’incontinenza urinaria non è un destino inevitabile e non deve essere taciuta. Nella grande maggioranza dei casi oggi è possibile curarla o controllarla efficacemente, restituendo a chi ne soffre una buona qualità di vita.