Alzheimer, con il progetto R.A.P.I.D un approccio globale nella presa in carico dei pazienti

Tra le malattie croniche, l’Alzheimer rappresenta una vera e propria emergenza sanitaria e una priorità mondiale di salute pubblica

L’invecchiamento della popolazione e la crescente prevalenza di malattie croniche, la cui gestione richiede uno sforzo consistente da parte dei professionisti sanitari e delle istituzioni, costituiscono una sfida sempre più ardua per i sistemi sanitari. In questo contesto, e nel campo delle malattie neurologiche in particolare, emerge sempre più la necessità di un’assistenza sanitaria a misura di paziente, personalizzata e al tempo stesso accessibile ed equa verso tutti coloro che hanno bisogno di cure. Tra le malattie croniche, l’Alzheimer rappresenta una vera e propria emergenza sanitaria e una priorità mondiale di salute pubblica.

In questo contesto, il progetto R.A.P.I.D. “Revolutionizing Alzheimer’s Patient Care Model. Initiatives Driving the Future” – realizzato grazie al contributo non condizionato di EISAI, azienda farmaceutica leader a livello mondiale nel settore Ricerca e Sviluppo, con il supporto di una delle principali società di analisi, soluzioni tecnologiche e servizi di ricerca clinica per il settore delle scienze della vita – ha l’obiettivo di individuare azioni migliorative del percorso di cura per le persone affette da Alzheimer, identificando fonti di potenziali iniquità. Partendo dalla definizione di un “prototipo” del percorso del paziente, il progetto approfondisce gli attuali aspetti organizzativi e gestionali e mira a individuare le soluzioni migliori per la loro ottimizzazione. In ultima fase, si propone di monitorare l’implementazione delle soluzioni proposte nella pratica clinica.

Ma quali sono i principali ostacoli che le persone con Alzheimer incontrano nell’accesso all’assistenza, a partire dal percorso diagnostico? In prima battuta – come emerge dalle prime evidenze del progetto R.A.P.I.D. – il referral verso centri specializzati rischia di arrivare tardivamente. In questo senso la formazione dei medici di medicina generale, cruciale per ridurre i tempi di accesso all’assistenza, risulta ottimizzabile definendo e implementando un protocollo unico e condiviso di patient finding da seguire quando si sospetta la presenza della malattia. Una volta che il paziente viene indirizzato verso un centro specialistico, i tempi d’attesa per la diagnosi rimangono lunghi e si registrano anche scarsità in termini di strumentazione necessaria per esami fondamentali come l’MRI (risonanza magnetica), esame CSF (liquido cerebrospinale) e PET (Tomografia a emissione di positroni). Un aspetto, quello della diagnosi, che diventerà sempre più rilevante vista la possibile introduzione di trattamenti modificanti il decorso di malattia, indicati per persone con Alzheimer in fase iniziale. Lungo il percorso del paziente, poi, emergono disuguaglianze di accesso anche rispetto ai trattamenti non-farmacologici e nella fase di monitoraggio e follow-up.

La metodologia sviluppata per ottenere un framework di valutazione dell’equità nella gestione e presa in carico delle persone con Alzheimer nel nostro Paese è stata sviluppata con il supporto di un tavolo di lavoro multistakeholder, cui hanno preso parte rappresentanti di società scientifiche, associazioni di pazienti, esperti di programmazione sanitaria e alcuni importanti centri nazionali di riferimento nel settore. Un progetto che ha aperto il dialogo tra i principali attori coinvolti nella gestione di questa malattia fortemente invalidante.

“Come azienda, ci impegniamo ogni giorno per portare a un cambiamento significativo e migliorare la qualità di vita di chi ha la malattia di Alzheimer e quella dei loro cari. Un impegno che va di pari passo con lo sforzo di far progredire la comprensione generale della salute e del funzionamento del cervello”, spiega Gennaro Auricchio, Direttore Business Unit di Neurologia, EISAI Italia. “Le patologie neurologiche e l’Alzheimer sono particolarmente complesse, sia da un punto di vista clinico che gestionale e organizzativo. In questo senso, il progetto R.A.P.I.D. testimonia il nostro sforzo per contribuire a migliorare concretamente l’approccio verso questa malattia a livello sanitario, individuando un framework condiviso che sottolinei le difficoltà presenti e offra possibili soluzioni da implementare coerenti con il contesto di riferimento”. – Fonte Agenzia DIRE www.dire.it

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