“Nomadi del volo”, a Maranola la mostra di Carmine Carbone

La mostra illustra con quadri e sculture tridimensionali rappresentanti “i gabbiani”, il tema della migrazione

Approda a Maranola ‘Nomadi del volo’ la mostra installazione dell’artista pontino professor Carmine Cerbone. Una vera e propria performance che si terrà a Maranola, in Piazza San Luca, dal 31 agosto all’8 settembre. La mostra illustra, attraverso l’esposizione di quadri e sculture tridimensionali rappresentanti “i gabbiani”, un tema quanto mai attuale che è quello della migrazione. Oggi, oltre agli uccelli, sono gli uomini a migrare, e per questo li ho paragonati ai gabbiani che ho ritenuti e scelti quali simboli di libertà, viaggio, fantasia, incognita e avventura. Gli stessi gabbiani vengono osservati in questo loro lungo e lento “viaggio di migrazione” che appare così simile a quello dell’essere umano, alla ricerca infinita di una terra dove stabilirsi o, al contrario, riprendere il viaggio con tanti sogni nella mente e grandi speranze nel cuore. Un “viaggio-disagio” vissuto tra la quotidiana indifferenza della gente.

Cristina De Caldas Brito – scrittrice brasiliana – così citava: “Siamo tutti migranti…. Ogni migrazione esteriore a poco a poco diventa anche interiore”. La mostra è a cura di Claudio Futmani e gode del patrocinio del Comune di Formia, del Parco naturale dei Monti Aurunci e dell’associazione Lingua del Camaleonte

L’artista Carmine Cerbone

Nato a Gaeta frequenta il Liceo Artistico Statale di Latina come allievo di Claudio Cintoli diplomandosi nel 1972. Un anno più tardi entra a far parte del corpo docenti dello stesso istituto insegnando discipline pittoriche. La sua carriera artistica riceve ulteriori esperienze didattiche con Achille Bonito Oliva e Massimo Bignardi. Integra le conoscenze artistiche con esperienze scenografiche. Le sue opere si trovano in collezioni pubbliche e private.

Il commento del curatore della mostra Claudio Futmani

C’è qualcosa di volutamente statico nel termine “in-stallazione artistica”: come di qualcosa che si stanzia all’interno di uno spazio circoscritto, per poi de-installarsi dopo un certo lasso di tempo. La sua “presenza” può essere più o meno in armonia con il contesto in cui si situa, ma la sua funzione è sempre e comunque quella di affermare sé stessa, in quanto figurazione del bello, in quel determinato contesto. La sua ragion d’essere si risiede nel suo trovare senso all’interno di uno spazio, ma nel momento in cui vi abita essa si completa: l’opera d’arte, nella sua interezza, è lì, concettualmente perfetta.

Gli uccelli bianchi di Carmine Cerbone ben poco si adattano a questa idea di installazione artistica. Questi centinaia di gabbiani, appollaiati sul bordo di un pozzo o sulle rive di un lago, o ancora al sole di un verde prato, sono la testimonianza di un’arte che alla staticità preferisce il nomadismo. Per questo è forse più esatto definire “nomadi del volo” una “performance” artistica: la “performance” di una natura morta che ci invita a seguirla nel suo migrare, nella sua eterna temporaneità.

A vederli tutti insieme, questi uccelli bianchi, ancora schierati all’interno dello studio artistico di Cerbone, viene da pensare al grande esercito in terracotta posto a guardia della tomba del primo Imperatore cinese. Ma se i guerrieri di Qin Shi Huangdi esprimono la loro mistica presenza attraverso una performatività che si manifesta nella quiete di un’antica tomba, i nomadi del volo affermano la necessità di un continuo dinamismo. Come fossero delle creature viventi, la loro presenza su un territorio è determinata dalle condizioni del luogo piuttosto che da criteri artistici di collocazione: è un passaggio, una sosta da un viaggio di cui non ci è possibile avere la percezione completa, ma che possiamo scegliere di inseguire. In questo modo, anche l’osservatore si fa nomade, avventuriero, poeta alla ricerca di un momento di contemplazione del bello, prima che esso fugga via.

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