Malattia di Lyme, scoperto perché gli antibiotici falliscono: colpa dei biofilm batterici

Studio del San Gallicano con Sapienza e Università di Lubiana rivela il meccanismo di resistenza di Borrelia e apre la strada a nuove terapie

Scoperto il meccanismo che rende la malattia di Lyme così difficile da curare: i batteri responsabili dell’infezione si organizzano in strutture protettive chiamate biofilm che li rendono resistenti agli antibiotici tradizionali. È quanto emerge da un nuovo studio coordinato dall’Istituto Dermatologico San Gallicano IRCCS di Roma, in collaborazione con l’Università Sapienza di Roma e l’Università di Lubiana, finanziato dall’Associazione Lyme Italia e Coinfezioni.

Il biofilm: una “pellicola protettiva” contro le cure

Il biofilm è un aggregato di microrganismi aderenti a una superficie che formano una pellicola in grado di resistere all’azione del sistema immunitario e ai trattamenti antimicrobici. Si tratta di comunità di batteri immerse in una matrice formata da polisaccaridi, proteine e acidi nucleici che limita la penetrazione degli antibiotici e compromette l’efficacia delle risposte immunitarie del corpo umano.

La malattia di Lyme, causata dai batteri del genere Borrelia e trasmessa da zecche, può talvolta evolvere in forme croniche difficili da trattare proprio a causa di questa capacità dei batteri di organizzarsi in strutture tridimensionali protettive.

Lo studio su 12 ceppi batterici europei

La ricerca, pubblicata su “Frontiers in Cellular and Infection Microbiology-Veterinary and Zoonotic Infection”, ha esaminato 12 ceppi batterici isolati da pazienti affetti da Lyme con manifestazioni cutanee (eritema migrante). Utilizzando tecniche avanzate di analisi genetica e test sugli antibiotici, i ricercatori hanno fatto una scoperta significativa.

Quando i batteri Borrelia afzelii e Borrelia garinii – principali agenti della malattia di Lyme in Europa – formano biofilm, i farmaci comunemente usati come ceftriaxone e doxiciclina perdono molta della loro efficacia. Questo spiega perché molti pazienti continuano a manifestare sintomi nonostante le terapie antibiotiche standard.

I risultati del progetto BABEL

I risultati emergono a conclusione del progetto BABEL, finanziato dall’Associazione Lyme Italia e Coinfezioni. “La formazione dei biofilm da parte di Borrelia contribuisce a rendere la malattia di Lyme persistente e difficile da trattare con le terapie tradizionali”, spiega Enea Gino Di Domenico, responsabile scientifico dello studio.

La ricerca rappresenta un importante passo avanti nella comprensione dei meccanismi che rendono alcune infezioni così resistenti alle cure convenzionali. “Questi risultati aiutano a capire perché certe infezioni siano così difficili da eliminare e aprono la strada allo sviluppo di nuove strategie terapeutiche più mirate”, aggiunge Giorgia Fabrizio, ricercatrice dell’Università Sapienza.

Verso terapie più efficaci per i pazienti persistenti

“Il lavoro rappresenta un importante passo avanti nella comprensione dei meccanismi alla base delle infezioni causate da Borrelia e fornisce un supporto scientifico per sviluppare in futuro terapie più efficaci per i pazienti con sintomi persistenti”, sottolinea Fulvia Pimpinelli, Responsabile della Microbiologia e Virologia dell’Istituto San Gallicano.

La scoperta del ruolo dei biofilm nella resistenza batterica apre nuove prospettive terapeutiche. Comprendere come i batteri si proteggono dalle cure tradizionali è fondamentale per sviluppare approcci farmacologici innovativi che possano superare queste barriere protettive.

La collaborazione tra ricerca e associazioni pazienti

La ricerca conferma l’importanza dell’impegno congiunto tra istituzioni scientifiche e associazioni di pazienti per migliorare le cure e la qualità di vita delle persone colpite dalla malattia di Lyme. L’Associazione Lyme Italia e Coinfezioni, finanziatrice del progetto, è un’organizzazione di volontariato impegnata nella diffusione della conoscenza della malattia attraverso campagne di formazione e sensibilizzazione.

Nuove speranze per i pazienti più gravi

L’auspicio del Consiglio Direttivo dell’Associazione è che i risultati di questo studio possano portare al raggiungimento di nuovi traguardi e contribuire a migliorare la qualità di vita dei pazienti colpiti dalle forme più severe della malattia di Lyme.

La scoperta del meccanismo dei biofilm rappresenta un punto di svolta nella comprensione della malattia di Lyme cronica, offrendo nuove speranze per lo sviluppo di terapie più efficaci contro questa patologia complessa che colpisce migliaia di persone in Europa ogni anno.

Un problema sanitario in crescita

La malattia di Lyme rappresenta un problema sanitario in crescita, con un numero sempre maggiore di casi segnalati in Europa. La capacità dei batteri di formare biofilm spiega perché alcuni pazienti continuano a soffrire di sintomi debilitanti nonostante i trattamenti antibiotici, una condizione che ha rappresentato una sfida per la comunità medica.

Questo studio italiano, frutto della collaborazione internazionale e del sostegno delle associazioni pazienti, rappresenta un contributo significativo alla ricerca mondiale sulla malattia di Lyme e apre nuove prospettive per tutti coloro che lottano contro questa patologia complessa.

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